L’uomo e la sua Panda

Un uomo vive in un paese tranquillo, ai margini della città. Una zona periferica, composta da villette indipendenti, eleganti ma niente affatto sfarzose. Ha un lavoro che non lo soddisfa appieno e ogni tanto, la sera, prima di coricarsi si guarda allo specchio dicendosi:

“Valgo più del lavoro che faccio.. Di’ un po’.. È questa la vita che volevi?”.

A volte rispondere a delle domande è difficile, ma se te le fa un estraneo è facile eluderlo e rispondere parole su parole.. giusto per interrompere un momento di silenzio che altrimenti rimarrebbe lì, imbarazzato e perplesso come un animale in gabbia che osserva tristemente i visitatori incuriositi di uno zoo..

Se queste stesse domande te le fai tu, è inutile raccontarti delle palle!

“È questa la vita che volevi?”

Troppe volte l’uomo si era risposto “No, ma ci sto lavorando..”, e facile era cadere nel compromesso, in quel limbo cioè  in cui i pensieri, attutiti dall’abitudine e dai mille doveri, non sembrano mai così importanti, così “pesanti” o così.. senza via d’uscita..

Un pomeriggio, decide di partire. Senza dire niente. Non un “ciao”.. né un “tornerò”.. prende semplicemente la sua Panda e comincia a viaggiare. Alcuni amici lo vedono che è in auto e che sta per prendere l’autostrada, ma sono indaffarati. Chi deve correre in stazione, chi torna a casa reggendo le borse della spesa, chi passeggia senza meta con il naso per aria. I primi giorni, nessuno fa caso che l’uomo è partito, e mentre è in viaggio alcuni gli gettano un’occhiata distratta, come si fa con i movimenti che involontariamente attraggono la nostra attenzione. Altri tirano dritto, con il loro passo svelto.

Dopo aver guidato per più di cinque ore, ormai è sera. L’imbrunire ha lasciato il posto al buio, e stanco l’uomo decide di fermarsi un momento per provare a vedere, fin qui, quanta strada ha fatto.. Delle persone, vedendolo in difficoltà, invitano l’uomo a unirsi a loro per una birra al bar della piazzetta. Lui li ringrazia, ma declina l’invito. «Sarà per la prossima volta».

L’uomo non ha tempo per fermarsi. Ora che è partito sarebbe assurdo riposarsi.. ora che non ha ancora capito che strada ha intrapreso che senso avrebbe una birra con degli sconosciuti? Gli tornano in mente i suoi amici, guarda il cellulare e vede che non l’ha cercato nessuno. Gli sfugge un sorriso dalle labbra, pensa per un istante che sarebbe stato bello intraprendere questo viaggio con almeno uno di loro.. ma poi ci riflette.. Non sarebbe stato giusto. Tutti ci facciamo quella domanda.. ma ognuno ha il diritto di rispondere diversamente..

“È questa la vita che volevi?”

L’uomo riparte e si accorge, guardando la carreggiata nella quale sta per immettersi, che la strada non è poi così buia.. che le stelle, come lontani lampioni, gli tracciano una meta nel cielo. Non era più abituato a vedere le stelle. Tantomeno aveva mai provato a seguirle. È per questo che fatti pochi metri decide di spegnere le luci dell’auto e di lasciarsi guidare da quell’oscurità punteggiata di infinito.

È difficile riconoscere la strada senza i fari accesi, ciononostante non si ferma. Decide di cogliere quel momento di poesia e di trasformarlo in qualcosa di concreto facendo un patto con se stesso: decide di scambiare le notti per chilometri.

Qualcuno si avvicina alla portiera della Panda mentre lui sempre lentamente avanza.. «Ehi, ma dove vai con i fari spenti?» domanda. L’uomo, in tutta risposta, si sporge in avanti verso il volante per poter vedere una porzione più grande di cielo.. scrolla le spalle e sorride.

Nei comuni che ha attraversato, ogni mattina, un gruppetto di curiosi si raduna sul marciapiede per parlare di lui. Ognuno ha la sua teoria sul motivo per cui ha cominciato questo viaggio. “Un ragazzo viziato.. uno che non si accontenta di quello che ha.. un vagabondo che non ha voglia di combinare niente nella vita.. un delinquente che fugge da se stesso..”.

L’uomo riposa di giorno e viaggia di notte seguendo le stelle. Sempre a fari spenti.

Col tempo avviene qualcosa di straordinario. Qualcuno, immaginando la strada che l’uomo potrebbe decidere di seguire, alla sera spegne la televisione, prende una sedia ed esce di casa sedendosi davanti all’uscio sperando di vedere coi propri occhi quella macchinetta rossa che avanza lentamente nel cuore della notte.

Qualcuno è ancora scettico.. e la maggioranza semplicemente non capisce, ma qualcun altro, soprattutto i ragazzi, al suo passaggio, cominciano ad incitarlo.  Applaudono. Ci sono anche dei cartelli. A volte gli sembra perfino di udire: “aspettami, vengo con te”. Quando ciò accade l’uomo saluta alzando il braccio.

Non capisce perché gli chiedano questo. Del resto, le stelle, non sono mica le sue..

Ogni volta che esce da un paese lasciandosi alle spalle le fiaccole che le persone accendono al suo passaggio per aiutarlo a districarsi nei bivi, ammette a se stesso di sentirsi meglio. Quando però la notte è quasi finita.. quando tutto tace e da lontano una sfumatura di luce comincia a penetrare il cielo.. ecco che insistente, si ripresenta la solita domanda..

“È questa la vita che volevi?”

..e come ogni mattina, stanco, per non costringersi a rispondere, si addormenta.

Una sera, prima di ripartire riceve un messaggio al cellulare. “ma dove sei sparito? Non ti sei più fatto sentire”. È un suo amico. L’uomo rilegge il messaggio un paio di volte e poi vorrebbe quasi piangere. “Io sono sempre stato qua, non sono mai sparito”, ripete tra se.. e prima che una lacrima inumidisca il suo viso riparte.

La gente è sempre di più. Sconosciuti lo attendono tra due ali infuocate di folla.. tutta quella luce quasi lo disturba ma l’energia che le persone gli trasmettono gli fa dimenticare la stanchezza del viaggio e la mancanza dei suoi amici.

Una notte, proprio mentre sta attraversando un paese, finisce il gas e la Panda si ferma. Ci vogliono ancora quasi quattro ore prima che il distributore riapra.. L’uomo chiude gli occhi perché pensa che l’unica cosa che possa fare adesso è riposarsi. Intanto le persone, questa volta silenziose, si avvicinano perché credono che l’uomo abbia deciso di proposito di fermarsi. Una cinquantina di persone sono attorno alla macchina.. impazienti.. credono sia arrivato a delle conclusioni.. deve aver capito qualcosa di veramente importante dopo tutte queste notti passate al buio a guidare.. Vogliono sapere. Vogliono assolutamente sapere qualcosa. Vogliono rubargli l’emozione che sta provando in quel preciso momento. Tutti pendono dalle sue labbra. L’uomo però semplicemente li guarda. Sembra anche un po’ spaventato.. non dice nulla.

Una signora gli chiede “è finito il tuo viaggio”? – Lui risponde solo: “non lo so..”.

Le persone però, a quel punto, cambiano improvvisamente atteggiamento. Adesso cominciano a borbottare tra loro, qualcuno comincia a protestare e a lamentarsi.. Poco più tardi tutti si allontanano, decidono di spegnere le fiaccole, gettare i cartelli e di rientrare in casa a guardare la televisione.

L’uomo è completamente solo. Questa volta è ancora notte e quella domanda gli torna presto in mente..

“È questa la vita che volevi?”

Ancora una volta decide di eludere la risposta. Esce dalla macchina per cercare un distributore e con infinito sollievo scopre trattarsi di un self-service. Può ripartire, ricacciando in un angolo umido e nascosto di un sotterraneo quella terribile risposta.

Le notti seguenti l’uomo continua il suo viaggio, ma adesso c’è poca gente ai lati delle strade ad aspettarlo. Questa nuova solitudine gli fa ritrovare quello spirito che l’aveva scosso quel pomeriggio e che gli aveva permesso di mettersi in marcia. Ogni tanto ripensa ai suoi amici, e anche se non ha più loro notizie, li sente incredibilmente vicini. Loro, quella notte in cui il gas era finito, non gli avrebbero chiesto niente. Avrebbero semplicemente accettato la sua pausa e il suo silenzio. E magari neppure salutato prima di ripartire. Loro lo conoscono bene.. sanno quanto lo rendano triste i saluti..

Le stelle indicavano ogni notte la strada da seguire, eppure qualcosa era cambiato. Adesso quella nuova normalità aveva smesso di essere un’eccezione. Era forse tutto come prima?

Un giorno mentre è in macchina a dormire sogna di essere in montagna e di percorrere un sentiero che porta alla cima. Quasi alla vetta incontra sul suo cammino un bambino e un vecchio. Come da usanza in montagna li saluta e loro ricambiano amichevolmente. Quando li ha passati, il vecchio gli chiede dove stia andando e l’uomo gli risponde “non lo so. Ma so che non voglio rimanere dove sono”. Il sogno si conclude col vecchio che prende per mano il bambino e poi gli dice: “Torniamo a casa”?

È nuovamente sera, ma questa volta fa inversione e torna indietro. Passano ancora mesi, percorre sempre nuove strade, ma questa volta ha la sensazione che le stelle lo stiano riportando indietro..

Un mattino torna a casa. Trova un paio di lettere e decine di messaggi sulla segreteria telefonica. Non aveva immaginato che così tante persone, durante il suo viaggio, lo avrebbero pensato.. Decide di telefonare subito ai suoi più cari amici e tutti sono contenti di sentirlo.. Gli chiedono se era quella, la vita che voleva.

Lui prima di rispondere trattiene un momento il respiro.. guarda fuori dalla finestra e sicuro di sé fa:

“No, ma ci sto lavorando. E voi? Cosa mi raccontate?”

“Ma niente.. il solito.. Tu??”

“Io.. io ho seguito le stelle”!

F.A.Q.

Mi è stato chiesto, qui, di raccontare il mio ultimo anno, il mio «anno Tedesco». Tante persone, tantissime, mi hanno chiesto in questi ultimi dodici mesi “Perché sei andato in Germania?”

Purtroppo questa è una domanda alla quale, sinceramente, io stesso non so darmi una risposta esaustiva. Avevo ed ho delle idee, dei progetti.. poi c’era la questione della lingua, mi piaceva mettermi in gioco affrontando lo studio di una lingua mai studiata a scuola.

Ricordo il primo giorno in cui sono arrivato ad Augsburg, un anno fa esatto. Arrivo col treno, compro una mappa della città in stazione e mi dirigo immediatamente all’indirizzo fornitomi dalla scuola. Una famiglia aveva accettato di ospitarmi per due settimane e dopo quasi dodici ore di viaggio (anche le ferrovie tedesche non sono più come una volta..) avevo proprio voglia di sedermi in un ambiente che potesse identificarsi col nome di “casa”. Anche se non era casa mia. Entro, saluto la coppia che mi ospita e mi invitano ad entrare in cucina. Avevano ospiti.

Credo di essere rimasto venti minuti a cercare di intuire qualche parola nei loro discorsi. Poi, rassegnato dalla stanchezza ho pensato “per me, questa lingua è rumore”.

Adesso questa lingua, incredibilmente, la parlo!! D’accordo, a volte se sono particolarmente stanco non la comprendo alla perfezione.. ma non direi più che si tratta semplicemente di “rumore”. La soddisfazione e la pienezza che ne conseguono sono ovvie (ok, la questione del verbo che va messo alla fine della frase rimane e rimarrà qualcosa di ostico, ma.. Ci sto lavorando!).

Perché sei andato in Germania?

Ciò che posso raccontare — ciò che la storiella dell’uomo e della Panda tenta di raccontare — è che spesso ci incaponiamo di voler cercare a tutti i costi un senso, una logica.. affinché tutto quello che facciamo possa essere sparato di fronte ad amici, parenti e sconosciuti senza che questi ti possano dire che non hai agito secondo logica.. che quella che hai fatto, non era la cosa più sensata da fare!

Spesso ragioniamo così, ma non sempre. Io quasi mai.

Da cosa ho trovato la spinta decisiva per partire?

Credo che noi esseri umani, al di là delle magliette firmate e degli occhiali da sole, siamo fatti al 99% di emozioni. Credo che siano infinite le possibilità che ogni giorno ci sfiorano chiedendoci di essere considerate.. Una strada sbagliata.. un ritardo.. un numero di telefono errato o un paio di libri possono cambiare totalmente la vita e il progetto che su essa ti eri costruito.

Ricordo che era la primavera dell’anno scorso.. stavo leggendo un libro e ad un tratto, come uno schiaffo, mi ritrovo questa frase in testa:

“Per l’animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo.
Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura.
La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in continuo cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole diverso.”

La lontananza.. allontana (ma solo alcuni).

Io prediligo i rapporti di affetto e di amicizia che non necessitano continuamente di una ridefinizione. Ma è un gusto personale. Mi piace pensare che se telefono a qualcuno dopo tanto tempo, non mi debba sentire in colpa. Semplicemente si riprende un vecchio e lungo discorso..

Qualche volta ricevo dei messaggi del tipo: “Che fine hai fatto”?  oppure “Dove sei sparito”?

Purtroppo non ho di questi poteri.. Se trascorre del tempo è semplicemente perché la vita è spesso complicata e ci accorgiamo che è passato solo nel momento in cui ne abbiamo un po’ a disposizione..

Qualcuno ha cominciato addirittura a darmi del “lei” nelle e-mail.. ma fortunatamente, per ora.. è gente che conosco da una vita.. so che lo fa perché mi vuole bene!

Ma tu? Ma io?

Ambiente, persone sconosciute, persone conosciute e affezionate. Per cerchi concentrici sempre più stretti, infine, arrivo a me. E qualcuno di più ostinato, a questo punto, potrebbe protestare: «Va bene. Tutto ciò è chiaro. Ma qui dovevamo parlare del tuo “anno Tedesco”. Insomma, quest’anno cosa ti è successo? Sei cambiato, sì o no?».

Intuisco che il verbo «cambiare», in un simile contesto, non è affatto neutro. È piuttosto un sinonimo di «rovinare», di «tradire», di «stravolgere». Così mi ritraggo, ancora una volta. Maschero il terrore con un sorriso imbarazzato. «Cambiato? Me come persona, come uomo, intendi? Io… sinceramente… non lo so». Ma il mio interlocutore insiste, cambia strategia. E forse, finalmente, azzecca il punto: «Sì, però… come ti senti?». Giusto. Come mi sento? Ci rifletto un secondo.

«Bene. Libero».